In vista dell’inizio del nuovo corso riguardante il protocollo di Mindful Eating, ovvero il Mindfulness Based Eating Awareness Training (MB-EAT), mi sembrava doveroso scrivere qualcosa al riguardo. Quale migliore occasione altrimenti?!
Voglio iniziare col dire che è un programma per tutti, quindi non solo per le persone che hanno un approccio disregolato all’alimentazione! Questo perché anche chi ha un buon rapporto con il cibo, e con questo mi riferisco a coloro che mangiano solo quando hanno effettivamente fame e solo ciò di cui hanno davvero voglia, può scontrarsi (o incontrarsi!) con nuove scoperte riguardo i propri gusti. Se ti dico che capita molto spesso che qualcuno mi dica, anche solo dopo il primo incontro, “mangio x da una vita e non mi sono mai accort* che in realtà non mi piace”, ci crederesti? Già, è proprio così! Ed ovviamente accade anche il contrario: un cibo sempre evitato perché considerato sgradevole a prescindere, può essere apprezzato! Tale approccio è piuttosto comune in ognuno di noi, qualsiasi sia il nostro rapporto con l’alimentazione. Non ti è mai capitato di sentirti “scoppiare” e di aver pensato che forse sarebbe stato meglio non cedere alle pressioni dei tuoi familiari nel finire quel piatto che non ti andava? Sono queste piccole regole che interiorizziamo nel tempo che ci portano a non ascoltare più il nostro corpo ed i suoi bisogni.
Detto ciò, è necessario spendere due parole (anche qualcuna in più!) sull’origine del protocollo MB-EAT. Ideatrice dello stesso è la ricercatrice Jean Kristeller, i cui approfondimenti trovano origine nei precedenti studi di Jon Kabat-Zinn, biologo statunitense che ha intuito il potenziale della meditazione sulla riduzione dei sintomi di stress. Kabat-Zinn ha spogliato le pratiche meditative dell’aurea spirituale della cultura orientale e, grazie alle continue ricerche, ha prima coniato il concetto di mindfulness (“porre attenzione al momento presente, in maniera intenzionale e non giudicante”) e poi sviluppato il protocollo MBSR (Mindfulness Based Stress Reduction), il cui fine è appunto quello di ridurre i sintomi legati allo stress.
Jean Kristeller, poi anche collaboratrice di Jon Kabat-Zinn, ha voluto invece applicare le stesse pratiche, in seguito modificate e rese specifiche all’ambito dell’alimentazione, al momento del pasto. Lo scopo iniziale era quello di ristabilire un nuovo e migliore rapporto con il cibo e con il proprio corpo, di accettazione e consapevolezza, per le persone affette da patologie fisiologiche tra le cui concause erano state riconosciute sovrappeso o obesità. Fin dalle prime ricerche, si è osservato un aumento dei livelli di accettazione verso il proprio corpo ed una correlata diminuzione, se non addirittura eliminazione in alcuni casi, dei cosiddetti episodi di alimentazione inconsapevole, o abbuffata. La riduzione di tali episodi e quindi la possibilità di nutrirsi in piena consapevolezza dei propri bisogni (questo significa sintonizzarsi sulle sensazione di fame e sazietà, ascoltarle ed assecondarle entrambe) portava ad una conseguente perdita di peso.
Ovviamente questo non rientra tra gli obiettivi della mindful eating: a noi importa stare bene con il cibo e con noi stessi e ciò vuol dire rivolgere verso di noi sentimenti di accettazione, gentilezza, compassione. Tuttavia, per definizione “alimentazione inconsapevole” significa mangiare oltre il proprio senso di sazietà, spinti da stimoli che non hanno niente a che vedere con la fame o la mancanza di energie, ma al contrario da emozioni o pensieri negativi ad esempio. Quante volte ti è capitato di mangiare solo perché arrabbiat*, triste, preoccupat*? Mangiando consapevolmente, invece, smetterem(m)o di mangiare esattamente quando ci sentiamo sazi: non prima né dopo. La mindful eating non ci dà alcuna indicazione su quanto né su cosa mangiare, ma ci insegna esclusivamente come farlo.
Attraverso le pratiche di mindfulness e mindful eating previste dal protocollo, impariamo rispettivamente a gestire gli stimoli negativi prima e a soddisfare le richieste del proprio corpo poi.
È per questi motivi che il protocollo MB-EAT è adatto a tutt*: è una possibilità di riscoprire cosa significa mangiare e godere del cibo per ciò che è, stare nel momento presente del pasto senza giudizio ma con curiosità, senza etichette per questo o quell’alimento. È davvero un viaggio che potenzialmente non finisce mai, alla scoperta di noi stessi, dei segnali che ci invia il nostro corpo, e su cui abbiamo smesso di sintonizzarci, e del cibo, dei suoi colori, odori, suoni...hai mai ascoltato il cibo che si trova davanti a te?! Ti consiglio di provare…
Mangiare consapevolmente significa porre attenzione al cibo e all’atto del nutrirsi, in maniera intenzionale e non giudicante
(Jean Kristeller, 2015)
Articolo a cura della
Dott.ssa Mariana Reale
Psicologa a Pisa
Psicologa
Partita IVA 02416290506
Iscritta all'Ordine degli Psicologi della Toscana con n. 9487